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Visualizzazione dei post da 2019

Elia (edición en español)

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Entonces te diré mi sueño. Dos hombres caminaron hacia la bóveda del templo discutiendo sobre los justos acerca de Dios en el rito. Mientras tanto, uno cayó en un pozo. Inmediatamente comenzó a lanzar una embestida contra su amigo porque él era la causa de su desgracia. El amigo no se dejó engañar por sus palabras. Se quitó la bata y la vertió en el pozo, así que la sacó y guardó. Y estos simplemente escaparon al peligro, así que recurrió a su salvador: «¿Ahora esperas que te lo agradezca?». Pero su amigo le respondió: «No. El Señor me ha dado la gracia de salvar tu vida, pero no me ha permitido hacerte sabio». (Escrito en 2013)

Diritto tributario IV – Gli istituti deflativi e la riscossione

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«Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha»: così Matteo al capitolo 25, versetto 29. È la parabola dei talenti, una pagina difficile del Vangelo. Al di là di tutto è in atto una trasformazione economica profonda, che – a tacer d’altro – mostra la volontà del nostro sistema a rendersi quanto più resiliente possibile, ovvero a resistere ed a sopravvivere in una «economia della crisi» o nella «grande depressione secolare». Ebbene in una economia della crisi le difficoltà delle imprese e delle famiglie vanno governate e risolte senza – da un lato – intenti giudicatori e di stigma sociale («tu hai sbagliato, hai fatto la cosa sbagliata») né paternalistici («non ti preoccupare»), ma con professionalità e umanità. A volerla dire tutta, alla mia generazione è stato insegnato che dalle difficoltà è nata la civiltà greca e quindi quella occidentale. Sono stati i greci a ricordarci, per tutti mi limito ad Eraclito, che la via in su

Diritto tributario III – L’accertamento

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Dopo le variazioni apportate dai menzionati provvedimenti legislativi, l’art. 32, primo comma, n. 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 dispone che i prelevamenti e gli importi riscossi nell’ambito dei rapporti con gli intermediari finanziari sono «posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili». Non v’è dubbio che si tratta di una doppia presunzione, visto che un prelievo non può sicuramente dare origine ad un ricavo; piuttosto dai prelevamenti non giustificati si presume l’esistenza di «costi in nero» e da questi ultimi si ritiene provata la sussistenza di ricavi non dichiarati. In altri termini, il ragionamento sotteso è che se vi sono dei prelevamenti che non hanno giustificazione vuol dire che il contribuente ha acquistato «in nero» e, quindi, ha conseguito dei ricavi altrettanto «in nero». La norma, pertanto, crea uno squarcio nella opzi

Diritto tributario II – I singoli tributi

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Il nostro sistema tributario presenta una molteplicità di fonti impositive ma due fondamentali: il reddito ed il consumo. L’IRPEF è l’Imposta sul reddito delle persone fisiche prevista dall’ordinamento tributario nazionale, istituita con DPR 597/1973, per cui conteneva 32 aliquote, dal 10% al 72%, per gli scaglioni di reddito da 2 a 500 milioni di lire, e attualmente disciplinata dal titolo I del DPR 917/1986, Testo unico delle imposte sui redditi, TUIR. Essa presuppone il possesso di redditi in denaro o in natura, rientranti nelle categorie elencate nell’art. 6, TUIR, e si caratterizza per una duplice tendenza: una personale e una progressiva Dalla natura personale dell’imposta consegue che, ai fini della determinazione della stessa, si tenga in considerazione la complessiva situazione personale e familiare del contribuente, attraverso il riconoscimento di un sistema di deducibilità, in cui rientrano gli oneri deducibili e di detraibilità, riguardante le detrazioni per carichi di

Diritto tributario I – I principi

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Il diritto tributario è il complesso sistematico di norme e principi che presiedono all’istituzione e all’attuazione dei tributi. Il termine erario è oggi comunemente usato come sinonimo di “finanze dello Stato”, per distinguere quest’ultime da quelle degli enti locali. In origine l’erario era il tesoro del popolo romano (dal latino aerarium, a sua volta da aes “bronzo”, letteralmente “riserva di monete”), conservato nel tempio di Saturno e perciò detto, oltre che aerarium publicum o populi Romani, anche aerarium Saturni. Vi si conservavano i proventi delle imposte, dei tributi, delle vendite di cose pubbliche, delle indennità di guerra e delle prede, i contratti pubblici, i rendiconti finanziari dei magistrati, i registri censori, i testi delle leggi e dei senato-consulti, i protocolli delle elezioni e dei giuramenti dei magistrati. Durante l’età imperiale, l’erario divenne il tesoro del Senato romano, differenziandosi così dal fisco, il patrimonio privato dell’imperatore. Success

La prova tributaria III – La rivelazione dell’obbligazione tributaria nel processo

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In primo luogo, si è cercato di manifestare che i fatti tributari, pur nella loro rappresentazione numerico-contabile, non sono né veritieri né oggettivi e restano indenni ad ogni approccio conoscitivo per quanto scientifico. A tanto si è aggiunto che i metodi di accertamento che l’ordinamento predispone per il disvelamento di tali fatti, si disinteressano di quest’ultimi e propongono – in sostituzione – propri specifici fatti tributari (sempre più astratti e lontani dalla materia dell’imposta interessata) che vengono più o meno provati, a loro volta, dalla motivazione dell’accertamento medesimo e quindi con argomentazioni e ragionamenti. La motivazione, poi, unitamente alla struttura impugnatoria del processo tributario, limita il thema decidendum sicché mai viene rimessa al giudicante la conoscenza della capacità contributiva del soggetto accertato ma unicamente la validità secondo le regole logico-giuridiche della speciale e distinta capacità contributiva rappresentata nell’accer

La prova tributaria II – La rappresentazione degli imponibili nel procedimento tributario

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Dando credito alle formule matematiche, la rappresentazione degli imponibili non apparirebbe problematica. Sollevando il primo velo intorno alla rappresentazione economica della impresa ci si accorge immediatamente, invece, che essa altro non è che la descrizione «raccontata» e «narrata» della impresa medesima e del suo atteggiarsi in termini «economici», effettuata mediante l’uso di numeri (accanto ai propri descrittori) piuttosto che «a parole». A tanto è possibile aggiungere qualcosa: la prova, pur senza dover scomodare il concetto di oralità (nel processo), ha certamente bisogno di «materialità». La prova è sempre, grossomodo, un oggetto e, se non è immediatamente tale, lo diventa attraverso la rappresentazione che dell’esperimento viene effettuata. La prova, quindi, viene «incartata» nell’accertamento (del fatto, in primis), e questo viene nuovamente «raccontato» o «narrato» a parole. Nella maggior parte dei casi la dichiarazione, da sola, dovrebbe esaurire la fattispecie impos

La prova tributaria I – La prova nel sistema tributario

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Il lavoro si propone di evidenziare il rapporto che sussiste tra il concetto di prova comunemente inteso ed il suo concreto atteggiarsi. La modalità tecnica mediante la quale lo scritto tenta di raggiungere l’obiettivo enunciato è quella di utilizzare la mera giustapposizione di frammenti giuridici, latamente riconducibili all’alveo delle problematiche probatorie, in progressiva astrazione: dalla osservazione naturalistica dei fatti giuridicamente e, in particolare, tributariamente rilevanti, alla sussunzione e qualificazione degli stessi, alla loro ricostruzione e rappresentazione attraverso i meccanismi accertatori e fino alla rivelazione della verità ad essi sottesa mediante le comuni finzioni giuridiche processuali. In tal senso si pone l’affermazione di Albert Szent-Györgyi («Scoprire è guardare ciò che tutti guardano e vedere ciò che nessuno vede», Albert Szent-Györgyi, in Bridging the present and the future, Williamsburg, 1985. p. 14), che compendia il metodo ed il fine della

Il lavoro e la ricreazione

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Quando tutto ebbe inizio «Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto». Il primo a riposare è Dio. E il riposo è la gratificazione che Dio dà a se stesso. Così inizia la Bibbia, infatti. E così finisce pure. Se si prosegue nella lettura fino all’Apocalisse, si incontra di nuovo: «E un altro angelo, il terzo, li seguì dicendo a gran voce: “Chiunque adora la bestia e la sua statua, e ne riceve il marchio sulla fronte o sulla mano, anch’egli berrà il vino dell’ira di Dio, che è versato puro nella coppa della sua ira, e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell’Agnello. Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome”». (Scritto tra il 2011 e il 2014)

Fiori – Maria Sofia di Baviera, Margherita Sarfatti, Oriana Fallaci, Rita Levi Montalcini

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Approcciandomi allo studio del ruolo delle donne nell’unità d’Italia non avevo né le idee chiare su quello che avrei trovato né avevo una grande considerazione della ricerca che stavo effettuando. Due impressioni subito ho avuto. Ebbene: io, quando studio, prendo appunti. E la prima cosa che mi sono annotata in questo caso è la seguente: “Parliamo di morti”. Non è vero. Non è vero né in senso letterale né in senso figurato. Ma vedremo presto perché. La seconda impressione è stata quella di trovarsi di fronte ad un animale raro, da maneggiare con cura, un prezioso soprammobile, ma alieno rispetto a “noi”. Estraneo. “Le donne sono altro” – mi sono detto – “La storia la fanno gli uomini”. In sostanza, la ricerca storica sul tema è una “ricerca di genere”. Perché in fondo non c’è la storia degli italiani, ma la storia degli uomini che hanno fatto l’Italia. E, forse, la storia delle comprimarie, che magari si sono distinte nei compiti secondari. Neanche questo è vero. E il risult

Il processo tributario III – Commentario

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La natura giurisdizionale delle Commissioni tributarie è stata affermata dalla Corte Costituzionale con la sentenza 27 dicembre 1974 n. 287. Originariamente, gli organi di giustizia tributaria rientravano nell’ambito della Pubblica Amministrazione, e la fase giudiziale altro non era che la continuazione della fase di verifica. La VI disposizione transitoria della Costituzione prevede che, entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione, il legislatore avrebbe dovuto provvedere alla revisione degli organi di giurisdizione speciale tra i quali rientrano, appunto, le Commissioni tributarie. Con la sentenza 287/1974, la Consulta ha sancito la legittimità costituzionale delle Commissioni tributarie sulla base della considerazione per cui la giurisdizione ordinaria “non sarebbe idonea, per mentalità e insufficienza di cognizioni tecniche, a penetrare i fenomeni economici, a volte complessi, che presiedono alla formazione del reddito”. Con il dpr 636/1972 il legislatore ha inte

Il processo tributario II – Schemi

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La giurisdizione tributaria è esercitata dalle commissioni tributarie provinciali e regionali di cui all’art. 1, d.lgs. 545/1992 e dalla Corte di Cassazione, sezione tributaria. Il processo tributario si instaura ad iniziativa di parte e quindi ad impulso del soggetto al quale è stato notificato l’atto impositivo. tale principio è mutuato dal codice di procedura civile (art. 99 c.p.c.) in quanto la tutela giurisdizionale è realizzabile solo su domanda di parte e non per impulso d’ufficio. L’iniziativa del processo è un diritto costituzionalmente garantito (art. 24 costituzione) che ha per scopo l’esercizio della giurisdizione riguardo una situazione giuridica controversa in cui la parte stessa è interessata al soddisfacimento del proprio diritto che assume violato. Il principio della domanda ha una duplice funzione: è strumento di promovimento del processo; determina l’oggetto del giudizio individuando il contenuto della domanda di tutela avanzata dalla parte nei limiti della causa

Il processo tributario I – Saggi

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La materializzazione della consapevolezza della sussistenza di un complesso normativo speciale, autonomo ed unitario volto alla regolamentazione del processo dinanzi alle commissioni tributarie (fattore regolante) ha seguito la medesima linea evolutiva di tale regolamentazione (fatto regolato), sicché – iniziata con l’istituzione delle commissioni sull’imposta di ricchezza mobile ad opera della L 14 luglio 1864, n. 1830 – può dirsi compiuta solo con le modifiche apportate dall’art. 12, comma 2, L 28 dicembre 2001, n. 448, all’art. 2, DLGS 546/1992, allorquando, per l’effetto dell’omnicomprensività del nuovo testo del richiamato art. 2, DLGS 546/1992, è venuta a cadere la necessità di un’analitica individuazione delle controversie assoggettate alla giurisdizione speciale, stabilendosi – nel contempo – l’unicità della giurisdizione tributaria. In tal senso è oggi possibile affermare con sufficiente sicurezza l’esistenza di un diritto processuale tributario – tanto nelle regole ordiname

Il contratto di swap

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I derivati sono strumenti che si basano su altre attività finanziarie, dette sottostanti, dalle quali derivano il loro valore: sono pertanto privi di vita autonoma. Tali contratti sono orientati a modificare l’esposizione ai cosiddetti «rischi di mercato» dei soggetti contraenti. Lo schema negoziale di riferimento prevede generalmente la consegna o l’acquisto a una data futura di uno strumento finanziario a un prezzo prefissato e il regolamento a una data futura del differenziale tra il prezzo (o rendimento) corrente a quella data di uno strumento finanziario di riferimento e quello predeterminato dal contratto. Nel primo caso il «sottostante» è un elemento effettivo, mentre nel secondo caso il sottostante è «nozionale», in quanto non è previsto lo scambio reale dell’elemento. Pur nell’estrema eterogeneità delle fattispecie rinvenibili nella pratica, che rende difficili elencazioni o classificazioni esaustive, pare di potere affermare che i più comuni contratti derivati possano ess

La conciliazione giudiziale

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La conciliazione giudiziale è un istituto di natura processuale che presuppone l’esistenza di una lite pendente e che ha lo scopo di definire il giudizio. Esso è tipico del processo civile dove è regolato dall’art. 183, comma 1, c.p.c., mentre, in àmbito tributario, è disciplinato dalla disposizione contenuta nell’art. 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante norme sul processo tributario. L’intenzione del legislatore era quella di far fronte ad inderogabili esigenze di riduzione delle controversie pendenti tra Amministrazione e contribuenti. Il fatto che l’ente impositore possa addivenire col soggetto passivo ad una definizione dei valori imponibili concordata è apparso come un cedimento del principio dell’indisponibilità della obbligazione tributaria. Si sostiene diffusamente infatti che l’obbligazione tributaria crea un vero e proprio diritto in capo al soggetto pubblico, che non può discrezionalmente rinunciarvi, in linea con quanto previsto, rispettivament

L’intermodalità III – I contratti di mobilità

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La tecnica e l’economia tendono all’unità: tale percorso tuttavia non è seguito con la stessa convinzione dalla normativa. In questo contesto, diventa difficile mantenere ben saldo il modello del contratto di trasporto tipizzato dal codice civile. Si pensi all’enfasi con la quale si affrontano i problemi dei trasporti intermodali, integrati e combinati i quali, pur presentando in sé una grande capacità innovativa, sotto l’aspetto normativo, comunque, vengono circoscritti in spazi ridotti e, nel momento in cui li si considerano giuridicamente integrati, li si sottopongono ad un sostanziale livellamento sia pure ammettendone le peculiarità di ciascuna disciplina, in specie, con riferimento al regime della responsabilità ed ai relativi criteri di limitazione. Le singole modalità di trasporto alimentandosi le une con le altre, in modo parassitario, hanno finito con il somigliare a questo o a quel contratto, in un miscuglio di tratti qualificanti di ardua rappresentazione. Ne risulta, nel

L’intermodalità II – La regolamentazione della mobilità

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Con i regi decreti 9 aprile 1860 n. 4061 e 22 dicembre 1861, n. 387 alle province annesse erano stati estesi leggi e regolamenti marittimi vigenti nel Regno di Sardegna. A questa data era già attiva una Giunta (istituita nel settembre 1859), incaricata di riunire la dispersa normativa in materia. Essa si incaricò di elaborare un progetto di codice per la marina mercantile, reso noto nel 1861. Il testo, diviso in due parti (amministrativa e penale), venne dal Ministero della Marina, di concerto con quello della Giustizia, sottoposto all’esame di una Commissione speciale presso il Consiglio di Stato. Questa terminò i suoi lavori il 1° aprile 1862 apportando al progetto importanti modifiche, senza stravolgere tuttavia l’impianto generale. Quindi, nel gennaio 1863, il progetto fu presentato al Senato e affidato ad una speciale Commissione senatoriale, che dopo discussioni ed emendamenti lo trasmise il 2 luglio 1864, accompagnato da relazione, all’Assemblea plenaria. L’esame dell’articolat

L’intermodalità I – Dal trasporto modale alla mobilità

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Il trasporto è un fenomeno moderno. La vicenda dei trasporti così come oggi li conosciamo è piuttosto recente e non può essere fatta risalire indietro nel tempo oltre la rivoluzione industriale. Anzi si può correttamente assumere che la rivoluzione industriale e la nascita dei trasporti moderni sono strettamente connessi. Vero è che il trasporto in genere nasce con la stessa appartenenza dell’uomo al genere animale, caratteristica che lo rende «necessariamente mobile», ma è altrettanto vero che il trasporto esso è rimasto confinato per certi limiti nel concetto di trasporto marittimo per secoli, poiché solo nel trasporto marittimo si aveva la consapevolezza della differenziazione di tale attività. Essa nel trasporto marittimo si esaltava nelle specificità, ovvero «si vedeva». Il caricatore consegnava le merci al vettore che si obbligava a consegnarle ad un altro soggetto in un altro luogo, attraversano il mare. In questo caso le posizioni delle parti erano evidenti. Più sfumate potev

I contratti aleatori

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La categoria dei contratti aleatori, tradizionalmente contrapposta a quella dei contratti commutativi, appare indefinita ed incerta. Singolare ne è anche la vicenda legislativa. Nel c.c. del 1865, traducendo quasi alla lettera il Code Napoléon, se ne dava la definizione («È contratto di sorte o aleatorio, quando per ambedue i contraenti o per l’uno di essi il vantaggio dipende da un avvenimento incerto»: art. 1102), ma non una disciplina giuridica. Nel vigente, del 1942 vengono viceversa previsti esiti normativi, ma non se ne fornisce la nozione. Così essi sono esclusi dalla risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1469 c.c.) ed anche dall’azione generale di rescissione (art. 1448 c.c.) ma, tranne che per l’emptio spei (art. 1472 c.c.), non sono nominati i tipi o disegnati i connotati. È stato compito della dottrina ricostruire la categoria. Si è partiti allora, sulla falsariga del vecchio codice per la vischiosità dei concetti giuridici, dal profilo causale o funziona

Le famiglie VI – Prospettive

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Il fenomeno della famiglia di fatto si presenta di difficile ricomprensione aprioristica, stanti le sue molteplici implicazioni sociali, e l’approccio comparativistico ne disvela ulteriormente le peculiarità di soluzioni tecniche che si legano alla specificità di ogni sistema. Ciò non toglie che è possibile ritrovare un comune denominatore delle diverse esperienze, corroborati in tale prospettiva dall’impeto uniformatore dei princípi comunitari, che hanno fatto discorrere di un diritto comunitario della famiglia. Da altro punto di osservazione, l’attenzione sistematica di cui è stata oggetto la «persona» all’interno della famiglia ha avuto come risvolto normativo la produzione di una regola generale di uguaglianza parificatrice. Corollario ulteriore e non eludibile ne è stato il sorgere di una richiesta di libertà «dalla famiglia». Persa, quindi, la centralità di tale istituto, i singoli partecipanti hanno chiesto di essere meno onerati degli obblighi gravanti in virtú dello status

Le famiglie V – La regolamentazione pattizia. La fine della convivenza

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La soluzione contrattuale dei numerosi e complessi problemi patrimoniali della famiglia di fatto, d’altro canto, ha trovato applicazione fin dal medioevo tanto che si hanno testimonianze di contrats de concubinat, in Francia, e cartas de mancebía e compañería, in Spagna, risalenti addirittura ai secoli XIII e XIV e pure nel XVII secolo, allorquando in Francia ebbe ad affermarsi la tesi della nullità di tali atti per contrarietà ai buoni costumi, non mancarono certo autori e giudici favorevoli alla validità di quei contratti a titolo gratuito che fossero giustificati dall’intento rimuneratorio, ovvero da quello di risarcire la ex convivente per il «disonore» arrecatole dal rapporto concubinario, specie allorquando si trattasse di prestazioni alimentari. Negli ultimi anni, poi, c’è stato un vero e proprio dilagare di pubblicazioni (soprattutto all’estero), di taglio sia teorico che pratico, nelle quali si è suggerito alle coppie conviventi more uxorio di pianificare la vita in comune m

Le famiglie IV – I rapporti personali e patrimoniali

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Sotto l’aspetto dei rapporti personali tra i conviventi il quadro normativo che si delinea si presenta privo di riferimenti, sia espliciti che enucleabili in via interpretativa. La libertà del rapporto interpersonale tra le parti è il fulcro della convivenza non matrimoniale, il che significa che creare delle obbligazioni personali (coabitazione, fedeltà, obbedienza, rispetto) nella unione di fatto snaturerebbe la stessa, privandola di ogni utilità pratica. Comunque, dal matrimonio nascono una serie di diritti e doveri, che costituiscono lo stato coniugale: fedeltà, assistenza materiale e morale, collaborazione, contribuzione, coabitazione. L’esistenza di tale complesso di diritti e obblighi reciproci dà luogo alla comunione di vita e d’affetti tra i coniugi. Nel regime patrimoniale si riscontra la distanza maggiore tra i due organismi della famiglia legittima e di fatto e le difficoltà (apparentemente insormontabili) di applicazione della disciplina codicistica. Le esigenze che

Le famiglie III – La normativa in materia

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Un’indagine che abbia ad oggetto la disciplina dei rapporti familiari deve necessariamente iniziare dall’esame della Costituzione, che alla famiglia si rivolge sia direttamente, sia indirettamente, appartenendo la comunità familiare al novero delle formazioni sociali dove si svolge la personalità dell’uomo (art. 2 cost.). Alta quindi è la considerazione della famiglia, quale nobile espressione delle vicende umane, momento di affermazione della persona e delle sue peculiarità. Per queste sue prerogative la comunità familiare riceve tutela, anzi la piú ampia tra tutte, da parte della Carta costituzionale. La particolare valenza che delle norme citate condiziona, infatti, necessariamente ogni ulteriore discorso in ordine alla collocazione della famiglia nell’ordinamento giuridico, essendo il disposto costituzionale all’apice della gerarchia delle fonti. (Scritto nel 2007)

Le famiglie II – Un approccio comparativistico. Le convivenze omosessuali

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Nell’ampio genus delle convivenze di tipo familiare, accanto a quelle incentrate su un rapporto di coppia eterosessuale con eventuale prole, vanno emergendo altre forme di convivenze (sempre di tipo latamente familiare) instaurate tra persone dello stesso sesso; convivenze che se da un lato cominciano ad accedere nelle aule dei tribunali chiedendo protezione, dall’altro, con movimenti di opinione sempre piú vasti, rivendicano non solo pari dignità sociale, ma una precisa tutela giuridica analoga a quella prevista per la famiglia in senso proprio. Alcuni legislatori europei si sono mossi per apprestare protezione oltre che alle unioni eterosessuali anche a quelle omosessuali attraverso diverse forme di tutela. Si va cosí dal riconoscimento di tali unioni con una specifica legge che ammette al matrimonio gli omosessuali parificandoli alle coppie coniugali come si è verificato nel sistema olandese, alla tutela delle convivenze in questione attraverso lo strumento della registrazione de

Le famiglie I – Orientamenti introduttivi

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L’ideale di famiglia quale concetto pregiuridico ed innato di comunità di affetti tra un uomo ed una donna fondata sul matrimonio al fine di generare figli continua a rimanere tale ed ad attrarre ancora di più, tanto che esso viene anelato, ad esempio, dalle unioni omosessuali. Nemmeno può dirsi mutato tanto radicalmente il costume, atteso che in cinquemila anni di storia (cioè sino a quando si spingono le fonti) non è stato inventato un solo nuovo modello di unione di tipo familiare. Allora che cosa è successo? Il solo fatto nuovo accaduto è che il moderno Moloch, lo Stato Leviatano ha inglobato in sé sempre più funzioni sicché ha incontrato il problema, che fino a ieri veniva risolto attraverso convenzioni sociali, delle convivenze para-familiari. Il fenomeno della famiglia si è sempre più giuridicizzato. Di fronte a questo fatto incontestabile, le reazioni della dottrina, della giurisprudenza e del legislatore si sono fatte scomposte e non misurate. (Scritto nel 2007)

Gli interessi

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Il tema degli interessi si è affermato come particolarmente delicato e sensibile nella giurisprudenza degli anni ‘90, soprattutto dopo la l. 108/1996 sugli interessi usurari e le successive decisioni che hanno suscitato speranze per i cittadini e preoccupazioni per gli istituti bancari. La rivisitazione dello stesso è stata conseguenza imprescindibile della nuova esigenza emersa per una maggiore attenzione ad una contrattazione più equa, anche a discapito di quel «dogma della volontà» su cui, fino ad oggi, si fondava esclusivamente il rapporto convenzionale. La giurisprudenza, infatti, con l’interpretazione delle clausole predisposte dai privati alla luce del dettato Costituzionale che impone a tutti (anche ai contraenti) doveri di solidarietà ormai irrinunciabili per uno Stato di diritto avanzato, ha puntualizzato che non si può più prescindere da un bilanciamento di valori di pari rilevanza costituzionale, id est, da un lato il valore costituzionale della iniziativa economica priv

Le rendite

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A costo di apparire paradossali, va espressamente enunciata la vigoria e la floridezza del vitalizio, quale uno dei rapporti tipici oramai tanto socialmente quanto economicamente più importanti. L’erronea sottovalutazione è legata all’equivoca lettera del codice, che esordisce trattando dei modi di costituzione (art. 1872 c.c.), quasi a voler racchiudere la materia negli stretti ambiti del contratto oneroso, donazione e testamento, salvo poi a dettare una disciplina del rapporto che ha un’applicazione certamente più ampia del settore cui viene relegata da un’interpretazione troppo angusta. Invece, anche in questa ipotesi – esattamente come pure accade in tema di rendita perpetua – si deve affermare che il legislatore ha voluto, non solo e non tanto disciplinare il singolo contratto costitutivo di rendita, ma il più ampio genus dei rapporti dei rendita vitalizia, quale che ne sia la fonte originante. Pur sostenendosi l’obsolescenza della figura, si deve considerare che la cosiddetta d

Il gioco III - Commentario

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Sotto il capo XXI, rubricato «Del giuoco e della scommessa», il codificatore pone – per regolare l’intero settore del gioco – tre soli articoli che iniziano, coerentemente al già sufficientemente icastico titolo («Mancanza di azione»), affermando che «Non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa». Davvero singolare appare, quindi, la scelta normativa, che palesa la volontà di prendere le distanze da un fenomeno che pure si è voluto disciplinare ed al quale si è voluto attribuire conseguenze giuridiche sul piano civilistico. È evidente il disagio del regolatore che è palpabile e comprensibile ed è il portato della difficoltà di distinzione tra il fenomeno sociale e quello giuridico del contratto in parola. E dunque, in soli tre articoli del codice civile e dall’incipit peculiare sono condensate le norme che reggono la terza industria del Paese, con 120 mila addetti e 5 mila aziende collegate, con una raccolta complessiva dell’anno 2009 pari a 54.410 mili

Il gioco II - Saggi

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Quello dell’alea è un concetto con il quale gli operatori del gioco hanno cominciato a confrontarsi di frequente. Ma possiamo dire di conoscere una nozione condivisa di alea? Ebbene, noi utilizziamo semanticamente più concetti di alea nel linguaggio comune, come rischio, azzardo, sorte, ventura. L’alea, in senso pratico, la si ritrova nella possibilità del verificarsi di un avvenimento favorevole o sfavorevole all’interesse di un individuo. Così genericamente intesa, la si può riscontrare in gran parte degli atti e delle vicende della vita di relazione di un soggetto, ogni qualvolta per tali situazioni si accampi un margine di rischio. Sebbene conosciuta fin dall’antichità, l’alea trova una compiuta elaborazione solo di recente nell’età dell’Illuminismo ad opera del Pothier ed entra quindi nella redazione del Code Napoléon. I codici italiani preunitari riproducono fedelmente i concetti elaborati dalla dottrina d’oltralpe e trasfusi nel Code Napoléon. Nel vigente ordinamento posi

Il gioco I - Manuale

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Il fenomeno del gioco, lungi dall’apparire come aspetto giuridico di interesse meramente dottrinale e studiato solo per desiderio di completezza, sta assumendo sempre più una posizione eminente nel panorama economico e, quindi, giuridico dei moderni stati industrializzati, i quali – normalmente – ne detengono il monopolio, proprio in virtù della consistenza economica del fenomeno. Il gioco sorge storicamente come complemento di cerimoniali religiosi e chi ne prendeva parte godeva di una sorta di impunibilità per le eventuali responsabilità dei danni conseguenti allo stesso. Vi partecipava l’atleta, che era l’uomo libero, il quale si presentava ad una gara non per quaestus causa ma gloriae causa et virtutis e indipendentemente dalle sue (eventuali) qualità atletiche. Il certamen licitum era appunto l’incontro agonistico con carattere pubblico e senza finalità economiche e chi vi interveniva – osservando le regole – non era considerato responsabile nè civilmente nè penalmente neanche d

I contratti II – Trasporto Handling Ormeggio

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Il trasporto, come dato empirico, si ritiene sia un «fatto» che può esistere anche al di fuori del «diritto». Lo stesso porsi del problema — e questo va fin da subito sottolineato — presuppone una configurazione del sistema generale del diritto privato la quale, non indulgendo a rigidità di schemi e di concetti, si ispiri a criteri di sufficiente elasticità. Nella «società di massa» una serie sempre maggiore di rapporti (e tra questi anche alcuni rapporti contrattuali di trasporto) vengono di fatto instaurati senza alcuna precedente contrattazione, ma con l’immediato utilizzo di servizi offerti al pubblico. Il rapporto di trasporto (ed i conseguenti diritti e obblighi delle parti) con l’impresa esercente un servizio di linea urbano, ad esempio, non nasce in virtù di una dichiarazione dell’utente, ma solo quando di fatto si sale sul veicolo. Bisogna chiedersi allora se ed in che senso queste vicende, caratterizzate da un’accentuata oggettività e, soprattutto, dalla «anonimità del comp

I contratti I – Mediazione e comodato. Contratti infragruppo

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Una prassi sempre più diffusa, all’interno dei gruppi internazionali di imprese, è rappresentata dalla stipula di accordi in forza dei quali talune funzioni gestionali vengono accentrate nell’ambito di una sola impresa, al fine di ridurre le diseconomie connesse alla presenza di funzioni identiche in tutte le imprese del gruppo e di rendere le stesse più efficienti. La centralizzazione, infatti, assicura l’unicità di gestione e garantisce un completo sfruttamento delle risorse del gruppo. Da questa esigenza ha trovato causa genetica il c.d. «cost sharing agreement», ossia l’accordo con il quale le imprese appartenenti ad un unico gruppo ripartiscono al loro interno i costi per i servizi centralizzati. È evidente, infatti, che l’accentramento di tali funzioni e, quindi, dei costi connessi in una sola unità del gruppo determina la necessità di ripartirli proporzionalmente su tutte le altre società che, a vario titolo, beneficiano dei servizi connessi a tali funzioni. Tali negozi, dunq