Diritto tributario III – L’accertamento

Domenico Riccio - Diritto tributario III – L’accertamento

Dopo le variazioni apportate dai menzionati provvedimenti legislativi, l’art. 32, primo comma, n. 2, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 dispone che i prelevamenti e gli importi riscossi nell’ambito dei rapporti con gli intermediari finanziari sono «posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili».

Non v’è dubbio che si tratta di una doppia presunzione, visto che un prelievo non può sicuramente dare origine ad un ricavo; piuttosto dai prelevamenti non giustificati si presume l’esistenza di «costi in nero» e da questi ultimi si ritiene provata la sussistenza di ricavi non dichiarati. In altri termini, il ragionamento sotteso è che se vi sono dei prelevamenti che non hanno giustificazione vuol dire che il contribuente ha acquistato «in nero» e, quindi, ha conseguito dei ricavi altrettanto «in nero».

La norma, pertanto, crea uno squarcio nella opzione concettuale aprioristica per la quale non è mai possibile ed è sempre irragionevole far presumere la sussistenza di un fatto da un altro fatto a sua volta presunto.

La questione è in realtà concettualmente molto semplice: perché si possa effettuare una presunzione occorre partire con la induzione da un «fatto noto», da tale fatto si fa scaturire la prova di un altro – non verificato di per sé – ma tramite il processo logico che lo ritiene appurato in operazioni di normalità statistica.

Tale secondo fatto, quindi, si assume provato perché – per l’id quod plerumque accidit – all’accadere del primo, accade anche il secondo, tranne in ipotesi di svolgimenti straordinari della concatenazione degli eventi. Quindi, nel caso in cui la parte non provi tale svolgimento straordinario, il secondo fatto si intende provato. Da ciò potrebbe continuarsi anche per un terzo fatto, sempreché questo sia conseguenza logica del secondo e che dal secondo al terzo non siano intervenuti eventi anomali.

Per contro, l’affermazione contraria è frequente tanto nella giurisprudenza quanto nella dottrina. Si tratta di verificare allora se, a fronte di un atteggiamento così tradizionale esistano buone ragioni.

(Scritto tra il 2006 e il 2012)