La conciliazione giudiziale

Domenico Riccio - La conciliazione giudiziale

La conciliazione giudiziale è un istituto di natura processuale che presuppone l’esistenza di una lite pendente e che ha lo scopo di definire il giudizio.

Esso è tipico del processo civile dove è regolato dall’art. 183, comma 1, c.p.c., mentre, in àmbito tributario, è disciplinato dalla disposizione contenuta nell’art. 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante norme sul processo tributario.

L’intenzione del legislatore era quella di far fronte ad inderogabili esigenze di riduzione delle controversie pendenti tra Amministrazione e contribuenti.

Il fatto che l’ente impositore possa addivenire col soggetto passivo ad una definizione dei valori imponibili concordata è apparso come un cedimento del principio dell’indisponibilità della obbligazione tributaria.

Si sostiene diffusamente infatti che l’obbligazione tributaria crea un vero e proprio diritto in capo al soggetto pubblico, che non può discrezionalmente rinunciarvi, in linea con quanto previsto, rispettivamente, dagli artt. 23 e 97 della Costituzione in merito alla legalità della tassazione ed alla imparzialità dell’operato della pubblica amministrazione.

Tali principi, tuttavia, vanno integrati con il disposto dell’art. 53 della Costituzione in tema di capacità contributiva.

Per cui non è quindi tecnicamente corretto affermare che la parte pubblica – nel dare vita alla conciliazione – rinuncia ad un diritto (per sua natura indisponibile). Infatti, condizione fondamentale per il perfezionamento dell’accordo tra amministrazione e soggetto inciso è la presenza di una pronuncia giurisdizionale di convalida dell’intesa raggiunta dalle parti. Solo tale pronuncia può, dunque, rendere efficace e pienamente legittima la “disponibilità” di un diritto altrimenti irrinunciabile.

Risulta così fondamentale il ruolo del giudice, che non si limita a ratificare quanto già deciso dalle parti, bensì agisce quale garante non solo dei princípi costituzionali di legalità e imparzialità, ma anche e soprattutto del principio di contribuzione in ragione della capacità contributiva rivalutata sulla base del nuovo assetto probatorio e fattuale sottostante all’accordo conciliativo.

(Scritto tra il 2007 e il 2009)