I contratti aleatori

Domenico Riccio - I contratti aleatori

La categoria dei contratti aleatori, tradizionalmente contrapposta a quella dei contratti commutativi, appare indefinita ed incerta. Singolare ne è anche la vicenda legislativa.

Nel c.c. del 1865, traducendo quasi alla lettera il Code Napoléon, se ne dava la definizione («È contratto di sorte o aleatorio, quando per ambedue i contraenti o per l’uno di essi il vantaggio dipende da un avvenimento incerto»: art. 1102), ma non una disciplina giuridica. Nel vigente, del 1942 vengono viceversa previsti esiti normativi, ma non se ne fornisce la nozione. Così essi sono esclusi dalla risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1469 c.c.) ed anche dall’azione generale di rescissione (art. 1448 c.c.) ma, tranne che per l’emptio spei (art. 1472 c.c.), non sono nominati i tipi o disegnati i connotati.

È stato compito della dottrina ricostruire la categoria. Si è partiti allora, sulla falsariga del vecchio codice per la vischiosità dei concetti giuridici, dal profilo causale o funzionale di essi, definendoli come quelli in cui al momento della conclusione del contratto è ignota la «vincita» o la «perdita» per ciascuna delle parti, per arrivare poi ad una configurazione mirata essenzialmente sull’elemento strutturale e cioè sulle prestazioni, rinvenendoli allorquando l’entità o la stessa esistenza delle prestazioni siano, al momento della conclusione, incerte, ignorandosi dunque l’an o il quantum della prestazione stessa.

La dottrina più recente ha invece richiesto entrambi gli elementi, funzionale e strutturale, per individuare la categoria.

La ricostruzione attiene alla configurazione interna del negozio in cui è previsto un evento incerto, futuro o comunque sconosciuto, per fissarne le prestazioni. Viceversa, essendo ogni contratto ad esecuzione differita soggetto a variazioni di valore nelle prestazioni (si pensi, ad esempio, al fenomeno della svalutazione della moneta) anche se le stesse sono ben definite, si è parlato di «rischio (o alea) economico» del contratto, distinto dall’alea giuridica, che invece caratterizza la categoria dei veri e propri «contratti aleatori».

Su questo piano del mero rischio economico lo stesso legislatore ha enucleato il concetto di «alea normale», stabilendo che anche i contratti commutativi ad esecuzione differita sono sottratti all’istituto della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta allorquando gli sbalzi di valore delle prestazioni medesime non superano appunto questo limite (art. 1467 c.c.), come può accadere nell’ipotesi di contratto di finanziamento in valuta estera, per il quale deve ritenersi «normale» l’alea relativa alle oscillazioni di valore delle prestazioni originate dalle regolari e normali fluttuazioni del mercato valutario.

In questo senso l’alea «economica» è esterna alla fattispecie ed eventuale; l’alea «giuridica» è interna ad essa e necessaria.

(Scritto nel 2006)