Le famiglie VI – Prospettive

Domenico Riccio - Le famiglie VI – Prospettive

Il fenomeno della famiglia di fatto si presenta di difficile ricomprensione aprioristica, stanti le sue molteplici implicazioni sociali, e l’approccio comparativistico ne disvela ulteriormente le peculiarità di soluzioni tecniche che si legano alla specificità di ogni sistema.

Ciò non toglie che è possibile ritrovare un comune denominatore delle diverse esperienze, corroborati in tale prospettiva dall’impeto uniformatore dei princípi comunitari, che hanno fatto discorrere di un diritto comunitario della famiglia.

Da altro punto di osservazione, l’attenzione sistematica di cui è stata oggetto la «persona» all’interno della famiglia ha avuto come risvolto normativo la produzione di una regola generale di uguaglianza parificatrice. Corollario ulteriore e non eludibile ne è stato il sorgere di una richiesta di libertà «dalla famiglia». Persa, quindi, la centralità di tale istituto, i singoli partecipanti hanno chiesto di essere meno onerati degli obblighi gravanti in virtú dello status agli stessi addossato.

È stato necessario, pertanto, trovare un nuovo fondamento che giustificasse in qualche modo la permanenza di un istituto, che taluno cominciava a sentire eccessivamente opprimente. Facilmente si è giunti a ritrovare tale presupposto nella cura e nella educazione dei figli, soggetti che subivano la presenza di una famiglia, non avendo – per lo piú – avuto la possibilità di sceglierla e che non potevano soggiacere ulteriormente alle scelte errate di genitori irresponsabili.

Al «patriarcato» si è sostituito il «filiarcato», alla presenza talvolta autoritaria del «capo famiglia» è subentrata l’indisciplinata partecipazione, a volte tirannica, dei figli viziati nella famiglia «puerocentrica».

Quando è intervenuto il legislatore a disciplinare il fenomeno ha sempre tentato di «istituzionalizzare» la convivenza, al fine di riappropriarsi del controllo sociale della famiglia, pur nella diversità delle forme di intervento e degli strumenti adoperati.

La crescente attenzione verso una risposta normativa è tuttavia sintomatica di un bisogno di certezza giuridica che spinge a ritenere conveniente una perdita di autonomia se questa si accompagna ad un contestuale aumento di sicurezza, socialmente percepita quale «valore che sta alla base dei diritti».

Ma la legge, da taluni percepita come punto di approdo di un processo evolutivo irreversibile delle unioni non fondate sul matrimonio, rischia, per contro, di forzare la complessità dell’esperienza umana in uno schema non in grado di fornire risposta alla molteplicità degli interessi coinvolti, come il diffondersi di convivenze fra fratelli, amici, o persone anziane, testimonierebbe.

Lo sfondo teorico a questo variegato universo di esperienze evidenzia come, indipendentemente dalla presenza o meno di una legge, le soluzioni elaborate dalla dottrina nei diversi ordinamenti vadano nella direzione ora dell’esaltazione dell’autonomia negoziale delle parti chiamate a definire esse stesse le regole del rapporto, ora di un semplice rinvio alle norme che disciplinano la famiglia legittima, ora di soluzioni che, pur nel rispetto dell’autonomia privata, impostano il discorso sul binomio autonomia/responsabilità.

(Scritto tra il 2007 e il 2010)