Domenico Riccio - Napoleone
Un uomo. Un destino. Un’impronta incisa nel marmo del tempo. Napoleone Bonaparte non è solo storia: è tempesta, genio, fuoco. Da Ajaccio a Waterloo, da Austerlitz a Sant’Elena, ha domato la Rivoluzione, forgiato imperi, riscritto le leggi della guerra e del potere. Ha regnato su re, ha marciato su popoli, ha sfidato Dio e il fato. Ma chi era, davvero? Un dio caduto? Un tiranno illuminato? Un eroe dannato? Esiliato su un’isola dimenticata, Napoleone ripercorre la sua vita in un vortice di ricordi taglienti, riflessioni feroci, dialoghi secchi come sciabolate. Un viaggio nell’ambizione, nella gloria e nella disfatta. Tra fulmini e silenzi, tra battaglie e ombre, ecco l’ultimo testamento di un uomo più grande della vita stessa. Un romanzo che scolpisce la leggenda con parole di pietra. Perché la storia non è solo cronaca. È sangue, ferro, sogno. È il vento che soffia eterno.
Indice
L’Opera
Napoleone – L’ambizione di un destino
L’Autore
Napoleone
Il figlio dell’ambizione
Parte I – L’ascesa
Il figlio della tempesta
Il soffio della rivoluzione
L’Italia ai miei piedi
Il deserto e il destino
Brumaio, il colpo di Dio
Imperator
Austerlitz, l’infinito
L’Europa trema
Mosca, la chimera
Neve e fuoco
Parte II – L’apoteosi
L’impero di marmo
Un sole senza ombra
L’ordine e la spada
Dio e il destino
L’ultimo trionfo
Il canto della gloria
L’aquila e la corona
La legge del genio
Il mondo è mio
Il vento della storia
Parte III – La caduta
Lipsia, la rovina
Fontainebleau, il silenzio
L’isola dei leoni
I cento giorni
Waterloo, la fine
Ombre a Rochefort
Sant’Elena, il nulla
Parole di pietra
L’ultima notte
L’immortale
L’ultima vittoria
Il figlio dell’ambizione
Il mare era immobile. Un’enorme lastra di piombo liquido che rifletteva il cielo spento. Sull’orizzonte, la sagoma oscura dell’isola di Sant’Elena si stagliava come una ferita nel nulla. Da lontano, sembrava una terra desolata, un frammento di mondo dimenticato dagli dei. E forse lo era davvero.
Nel cuore di quell’isola, un uomo giaceva su un letto consunto, avvolto da lenzuola umide di febbre e di sogni. Le mura della sua stanza erano macchiate dall’umidità, il soffitto basso lo opprimeva come un sarcofago anticipato. Il vento sibilava attraverso le finestre mal chiuse, portando con sé l’odore salmastro dell’oceano e il respiro freddo della notte.
Era l’uomo che aveva governato il mondo.
L’uomo che aveva marciato su tutte le strade d’Europa, che aveva piegato i re, che aveva inciso il proprio nome nel marmo della storia. L’uomo che aveva voluto tutto e aveva perso tutto.
Napoleone Bonaparte.
Ma chi era adesso? Un’ombra, un ricordo. Un generale senza esercito, un imperatore senza impero, un uomo senza futuro.
Si voltò nel letto con un gemito soffocato. Il dolore allo stomaco era una morsa costante, una lama invisibile che affondava sempre più in profondità. Sentiva il corpo cedere, ma la mente resisteva. Perché lui non era mai stato solo carne e ossa. Lui era volontà. Era destino.
Era ancora Napoleone.
Aprì gli occhi, fissando il buio della stanza. Bertrand era lì, come sempre. Fedele, discreto. Seduto accanto al lume, con un libro tra le mani.
Napoleone parlò piano, la voce ridotta a un soffio.
“Bertrand…”
Il generale sollevò lo sguardo immediatamente.
“Sire?”
Una pausa. Il vento ululò tra le pareti sottili.
“Scrivi.”
Bertrand posò il libro e afferrò la penna. L’inchiostro colò lento sulla carta, come se anche lui sapesse di dover marcare il tempo, di dover imprimere quelle parole nella memoria del mondo.
“Il mondo intero mi ha conosciuto. Mi ha temuto, mi ha ammirato, mi ha odiato. Ma chi ha davvero capito chi sono stato?”
Napoleone si fermò un istante.
“Ho percorso il cammino della gloria, ho visto gli uomini piegarsi e i troni vacillare sotto il peso della mia volontà. Ho vinto battaglie che nessuno osava combattere, ho sfidato le leggi della natura e del tempo. Eppure, ora, mi trovo solo, su un’isola sperduta nel nulla. Un re senza corona, un condottiero senza esercito. Il prezzo della grandezza è la solitudine, Bertrand. Ricordalo.”
Il generale non rispose. Continuò a scrivere.
Napoleone chiuse gli occhi per un momento. Il passato si riversò nella sua mente come un’onda.
Ajaccio. Il vento tra le strade strette della Corsica, l’odore del mare, il sogno vago di una vita diversa. Il piccolo ufficiale di artiglieria, il giovane sfrontato che osservava Parigi bruciare nella Rivoluzione. Il Direttorio, il colpo di Brumaio, la Francia ai suoi piedi.
E poi le campagne. L’Italia, il trionfo. L’Egitto, il mistero. Austerlitz, la perfezione. Mosca, il gelo. Lipsia, la rovina. Waterloo, la fine.
No. Non la fine.
La vera fine non era mai stata su un campo di battaglia.
Era lì, in quella stanza, su quel letto.
Il respiro si fece più lento.
“Bertrand…”
“Sire?”
Napoleone aprì gli occhi, due fessure febbricitanti.
“Quando sarò morto… che ne sarà del mio nome?”
Bertrand deglutì. Poi parlò con voce incerta.
“Sire… il vostro nome non morirà mai.”
Napoleone sorrise appena.
“No. Non morirà. Non finché ci sarà qualcuno che racconterà la mia storia.”
Un’altra pausa. Poi, un’ombra gli attraversò lo sguardo.
“Ma quale storia, Bertrand? Quella scritta dai vincitori? O quella che appartiene alla verità?”
Il generale non rispose.
Napoleone chiuse gli occhi. Il passato lo avvolse di nuovo.
Questa volta, più vivido. Più reale.
Come se il tempo si fosse spezzato.
Come se lui fosse di nuovo là.
Sul campo di battaglia, tra le aquile imperiali, tra il fumo e il fuoco.
E sentì di nuovo il ruggito della storia chiamarlo.