Domenico Riccio - La Sicurezza

 

La sicurezza è il grande mito moderno. Ci viene venduta come una necessità, un diritto, un obiettivo. Più telecamere, più regole, più assicurazioni, più protocolli. Più ansia. Perché più cerchiamo sicurezza, più ci sentiamo insicuri. Questo libro smonta l’illusione. La sicurezza non è protezione, è prigionia. Non è un diritto, è un’ossessione. Non è un rifugio, è un monumento all’immobilità. Dalla mitologia greca alla finanza globale, dalla scienza alla filosofia, dalla storia all’arte della guerra: tutto dimostra che l’unica certezza è l’incertezza. E che l’unica libertà possibile è smettere di inseguire il controllo. Se cerchi conforto, hai sbagliato libro. Se cerchi verità, preparati a naufragare.

“Se vuoi una vita senza rischi, fatti pietra, ma sappi che anche le pietre si sgretolano”

Indice
L’Opera
La sicurezza o la Temperanza – La sicurezza: il mondo cade a pezzi
L’Autore
“Se vuoi una vita senza rischi, fatti pietra, ma sappi che anche le pietre si sgretolano”
La sicurezza o la Temperanza
La sicurezza è il sogno, l’incertezza è la realtà
Parte I – Il mito della sicurezza
La sicurezza non esiste. Eppure ci credi
Prometeo e l’incatenamento della paura
Il paradosso del bunker: morire per vivere al sicuro
La religione della stabilità: dogmi senza dèi
Le mura di Troia e il cavallo dell’incertezza
Il contratto sociale: una polizza assicurativa scaduta
Il GPS mentale: perdersi con più precisione
La tecnologia: cinghie di sicurezza su un treno deragliato
La certezza scientifica: quando anche il metodo vacilla
Il denaro come talismano: carta contro il caos
Parte II – L’ansia della sicurezza
L’ansia è il prezzo del biglietto per la sicurezza
Vivere sospesi: la sindrome dell’equilibrista
Il lavoro fisso e la prigione dorata
L’amore garantito: clausole e condizioni applicabili
La paura dell’incertezza crea più incertezza
Il controllo è un’illusione: la vita non legge i manuali
Il paradosso della previdenza: prepararsi al nulla
La polizza vita: assicurati di morire sereno
La sicurezza come anestesia dell’esistenza
La routine: un monumento all’immobilità
Parte III – Oltre la sicurezza
L’unica certezza è l’incertezza
Navigare senza mappa: l’arte del naufragare
La fragilità come condizione umana
Il coraggio di fluttuare nel vuoto
L’impermanenza come unica ancora
Essere vivi significa rischiare di morire
La libertà dell’incontrollabile
Vivere è un verbo, non un piano quinquennale
Il gioco del caos: smettere di barare
La sicurezza finale: la morte, garanzia a vita
Conclusioni: la sicurezza è la catena e l’incertezza è la chiave

La sicurezza è il sogno, l’incertezza è la realtà
Nessuno è mai morto di insicurezza. Milioni sono morti cercando di evitarla. La sicurezza è un veleno a rilascio lento.

L’uomo cerca sicurezza come un assetato cerca acqua nel deserto. Cammina sotto il sole rovente, con lo sguardo fisso all’orizzonte, aspettandosi di trovare un’oasi. Ma il più delle volte, è un miraggio. Un riflesso nel vuoto, un gioco di luce, un’illusione.

Tutta la civiltà è costruita su questa sete. Per migliaia di anni abbiamo scavato pozzi, eretto mura, forgiato armi, scritto leggi, fondato imperi. Abbiamo creato istituzioni per proteggerci, scienze per prevedere, strategie per minimizzare il rischio. Abbiamo innalzato templi alla stabilità, adorato l’ordine come fosse un dio, perseguitato l’imprevisto come fosse un demone.

Ma la sicurezza non esiste. Non è mai esistita. È una storia che raccontiamo a noi stessi per non impazzire davanti al caos. Il mondo è nato nel disordine e si muove nel disordine. Ogni stella che brilla nel cielo è il risultato di un’esplosione. Ogni creatura vivente è il frutto di una mutazione casuale. Ogni città costruita dagli uomini è destinata a crollare sotto il peso del tempo.

Eppure, continuiamo a fingere che sia possibile eliminare l’incertezza. Continuiamo a progettare, a controllare, a prevedere. Ci proteggiamo con cinture di sicurezza, antivirus, assicurazioni, piani pensionistici, protocolli d’emergenza. E quando qualcosa sfugge al nostro controllo, ci indigniamo, ci spaventiamo, cerchiamo colpevoli.

L’errore è nella premessa. Abbiamo sempre creduto che la sicurezza fosse lo stato naturale delle cose e che il caos fosse un’eccezione. Ma è il contrario. Il caos è la regola, la sicurezza è l’anomalia.

Ogni società ha il suo modo di negarlo. Gli antichi si affidavano agli dèi, ai sacrifici, ai riti propiziatori. Credevano che, rispettando certe pratiche, il raccolto sarebbe stato abbondante, le guerre sarebbero state vinte, le malattie sconfitte. Oggi crediamo nei numeri, nelle statistiche, negli algoritmi. Pensiamo che accumulando dati riusciremo a prevedere il futuro, a ridurre l’incertezza a zero. Ma il futuro non legge i nostri modelli. Il futuro non firma contratti. Il futuro è anarchico, imprevedibile, indifferente.

Si dice che viviamo nell’epoca più sicura della storia umana. Abbiamo sconfitto malattie, allungato la vita media, ridotto la mortalità infantile, costruito sistemi sanitari, sviluppato tecnologie avanzate per proteggerci da ogni pericolo. Eppure, non siamo mai stati così ansiosi. Non siamo mai stati così spaventati.

Più cerchiamo sicurezza, più ci sentiamo insicuri. Più creiamo protezioni, più la paura cresce.

Perché?

Perché la sicurezza è una droga. Più ne abbiamo, più ne vogliamo. Più ne vogliamo, più scopriamo di non averne mai abbastanza. Ogni nuova precauzione ci rivela un nuovo rischio, ogni nuova difesa ci fa immaginare un nuovo nemico, ogni nuova certezza si sgretola sotto il peso dell’imprevisto.

Questa non è una condanna. È una liberazione.

Perché se la sicurezza è un’illusione, allora non abbiamo più bisogno di inseguirla. Se l’incertezza è inevitabile, allora possiamo smettere di temerla. Se il caos è la natura delle cose, allora possiamo imparare a navigarlo.

Questo libro non vuole offrire certezze. Non vuole dare risposte definitive. Non vuole fornire soluzioni per eliminare il rischio.

Questo libro vuole guardare la sicurezza negli occhi e smascherarla. Vuole smontare i miti moderni che ci fanno credere di poter controllare tutto. Vuole mostrare che dietro ogni precauzione, dietro ogni piano ben congegnato, dietro ogni sistema di protezione, c’è sempre un punto cieco. Un varco attraverso cui l’imprevisto si infiltra.

Non si tratta di vivere senza regole. Non si tratta di cercare il pericolo per il gusto del pericolo. Si tratta di accettare che non possiamo eliminare la paura, che non possiamo escludere il fallimento, che non possiamo renderci invulnerabili. Si tratta di capire che la sicurezza assoluta è una prigione.

C’è più libertà nell’accettare il rischio che nel cercare di evitarlo.

C’è più vita nell’incertezza che nella protezione.

C’è più verità nel caos che nell’illusione dell’ordine.

La sicurezza è il sogno. L’incertezza è la realtà.

Meglio svegliarsi.