Domenico Riccio - Gandhi
L’uomo domina l’uomo. Sempre. Cambiano i volti, i nomi, le bandiere. Cambia il metodo, non la sostanza. Imperi, leggi, confini, religioni, mercati: maschere diverse per la stessa tirannia. L’oppresso di oggi è l’oppressore di domani. Il ciclo continua. Gandhi ha provato a spezzarlo. Senza armi, senza odio, senza paura. Ha trasformato il corpo in scudo, la fame in protesta, la debolezza in forza. Ha sfidato l’Impero con il silenzio. E l’Impero ha tremato. Ha marciato scalzo contro la storia. E la storia lo ha ucciso. Era libero? Lo era il suo popolo? Lo siamo noi? Questo libro non è una celebrazione. È una ferita aperta. Racconta la battaglia impossibile di un uomo contro un mostro immortale: l’oppressione dell’uomo sull’uomo. Racconta la grande illusione della libertà, il veleno della divisione, il sangue della vittoria. Racconta un sogno che si è spento e una domanda che resta: il demone ha vinto? Forse no. Forse ride, ma teme. Forse aspetta di essere sfidato di nuovo.
Indice
L’Opera
Gandhi – L’oppressione e l’esorcismo impossibile
L’Autore
Gandhi
L’oppressione è il demone che non muore
Parte I – Il demone prende forma
Il primo respiro e la prima catena
Casa, culla dell’obbedienza
L’ombra lunga del Raj
Il diritto del più forte, la legge del più debole
Il viaggio, l’illusione della fuga
Londra: il sogno di un uomo libero
Il codice della toga, il carcere della legge
L’Africa e il volto dell’ingiustizia
Il fuoco sotto la pelle
La prima resistenza: la scintilla nella notte
Parte II – Il demone mostra i denti
Il ritorno in catene
La marcia che spezza il silenzio
Il sale e il sangue
Prigioniero senza sbarre
La fame come arma
Il Mahatma e la sua ombra
L’India divisa: libertà o condanna?
Il patto con il dolore
La violenza degli inermi
Il prezzo della speranza
Parte III – Il demone non muore mai
La vittoria amara
Il veleno della separazione
L’ultimo digiuno
L’amore e l’odio, due padroni
Il giorno che non dovrebbe arrivare
Il colpo che chiude un’era
Il martire e il mito
Il demone ride ancora
La libertà senza liberazione
Il ciclo che non si spezza
Uomo contro uomo
L’oppressione è il demone che non muore
La storia dell’umanità è una storia di oppressione.
Da quando il primo uomo ha alzato lo sguardo verso il cielo e ha compreso di poter dominare il mondo con la propria volontà, ha anche capito che poteva dominare gli altri uomini. E lo ha fatto. Lo ha fatto con la forza, con la paura, con l’inganno, con la legge, con la religione, con l’economia, con il potere che cambia forma ma mai sostanza. Ogni civiltà che si è alzata ha camminato sulle spalle di qualcuno, ha costruito la propria grandezza sul sudore e sul sangue di chi non aveva voce, di chi non aveva scelta, di chi era costretto a piegare la schiena sotto il peso di una storia che non gli apparteneva.
Si potrebbe credere che l’umanità abbia imparato dai propri errori, che il progresso abbia illuminato la strada, che il sapere abbia spezzato le catene. Ma la verità è un’altra. Il dominio di alcuni su altri non è scomparso: ha solo cambiato veste, si è fatto più sottile, più invisibile, più difficile da combattere. Non ci sono più le colonie, ma ci sono le dipendenze economiche. Non ci sono più gli imperi con gli eserciti, ma ci sono le multinazionali con i contratti. Non ci sono più gli schiavi incatenati, ma ci sono milioni di uomini e donne che vivono in condizioni di schiavitù senza catene, schiavi del bisogno, della paura, della rassegnazione.
Il mondo ha celebrato la libertà, ma l’ha resa un’illusione.
E così, il ciclo continua.
L’oppresso di ieri diventa l’oppressore di domani. Il ribelle che combatteva per la giustizia prende il posto del tiranno sconfitto e ricomincia da capo. Ogni rivoluzione si trasforma nel seme di una nuova oppressione, ogni guerra che doveva portare la pace diventa solo l’anticamera della prossima battaglia. E gli uomini continuano a uccidersi, a sfruttarsi, a calpestarsi, convinti ogni volta che quella sarà l’ultima, che dopo ci sarà la giustizia, che dopo verrà la pace.
Ma quel “dopo” non arriva mai.
Eppure, nella storia, ci sono stati uomini che hanno provato a rompere il ciclo.
Uomini che hanno scelto di non combattere con le stesse armi dei loro oppressori. Uomini che hanno rifiutato la violenza, non per debolezza, ma per una forza più grande, più radicale, più sconvolgente. Uomini che hanno deciso di resistere senza odiare, di combattere senza distruggere, di morire senza uccidere.
Uno di questi uomini era Mohandas Karamchand Gandhi.
Gandhi ha vissuto nel cuore di una delle più grandi ingiustizie della storia moderna: il dominio coloniale britannico sull’India. Ha visto con i propri occhi la crudeltà della legge del più forte, ha sentito sulla pelle la frusta del potere che si impone con la paura, ha capito che il dominio non si esercita solo con le armi, ma anche con le parole, con le idee, con le abitudini imposte e interiorizzate fino a sembrare normali. Ma invece di raccogliere la spada, ha scelto la nonviolenza. Invece di rispondere con l’odio, ha risposto con la resistenza. Invece di accettare il mondo per come era, ha osato immaginarlo diverso.
E per questo è stato perseguitato. Arrestato. Picchiato. Deriso.
E infine, ucciso.
Ma la sua morte non è stata solo la fine di un uomo. È stata la dimostrazione che il demone dell’oppressione non tollera chi cerca di spezzarlo. È stata la prova che il mondo, pur dicendosi pronto alla pace, non è mai davvero pronto ad accettare chi sfida la logica della violenza. È stata il segno che l’umanità non è ancora libera, che il ciclo non si è ancora rotto, che la lotta non è ancora finita.
Questo libro racconta la storia di quell’uomo e della sua battaglia.
Non è una celebrazione. Non è un’agiografia. È il tentativo di guardare in faccia il cuore oscuro della storia, di mostrare come l’ingiustizia si insinua ovunque, di comprendere se esista davvero un modo per fermarla. È il racconto di un uomo che ha provato a fare l’impossibile: sconfiggere la violenza senza usarla, combattere il dominio senza imporsi, spezzare le catene senza forgiarne di nuove.
Ma soprattutto, è una domanda aperta.
Gandhi ha indicato una strada.
Ma l’umanità l’ha seguita?
O il demone ride ancora?