Domenico Riccio - Alan Turing
L’universo non è mai stato giusto. Non lo era all’inizio dei tempi, quando un impercettibile squilibrio tra materia e antimateria decise l’esistenza. Non lo è stato nella vita, dominata dalla legge del più forte. Non lo è stato nella civiltà, che ha trasformato la forza in potere, il caso in destino, la sopraffazione in regola. L’iniquità è la struttura profonda della realtà. La scienza la descrive, la società la raffina, la morale la giustifica. È ovunque: nelle leggi della fisica, nei meccanismi della vita, nei teoremi matematici che dimostrano l’impossibilità di un ordine perfetto. Ma se l’iniquità è un principio, può essere riscritto? Se l’universo è stato costruito sull’asimmetria, può essere ricostruito sulla simmetria? Se l’ingiustizia è sempre stata inevitabile, può smettere di esserlo? Un’indagine spietata sulla natura del dominio, del caso, del potere. Un viaggio tra scienza, logica e paradossi per immaginare il giorno in cui l’iniquità potrebbe estinguersi. Perché nulla di ciò che esiste è necessario. Nemmeno l’ingiustizia.
Indice
L’Opera
Alan Turing – L’iniquità dell’universo ovvero sulla logica del disequilibrio cosmico e la possibilità di un universo giusto
L’Autore
Alan Turing
Il principio cosmico dell’iniquità
Parte I – La genesi di un universo ingiusto
Il primo squilibrio: il disordine primordiale
Simmetrie infrante: l’iniquità nella fisica delle origini
L’entropia come ingiustizia cosmica
L’iniquità nelle leggi della natura
Evoluzione: la sopravvivenza dell’iniquo
Intelligenza e ingiustizia: la nascita della volontà di dominio
Il caso e la necessità: il destino come arbitrio
Matematica dell’iniquità: paradossi e teoremi dell’asimmetria
L’universo che poteva essere giusto
Il peccato originale della realtà
Parte II – L’uomo e la supremazia dell’ingiustizia
La civiltà come imposizione dell’iniquo
Potere e arbitrio: la matematica della disuguaglianza
L’iniquità codificata: leggi, morale e pregiudizio
La scienza al servizio dell’ingiustizia
L’intelligenza artificiale e l’amplificazione dell’iniquità
Lo specchio di Gödel: l’incompletezza della giustizia
Il libero arbitrio esiste solo per i forti
Il dominio sulla natura: l’ultima grande menzogna
Iniquità come fondamento della coscienza umana
La condanna dell’individuo: riflessioni di un uomo in arresto
Parte III – Un universo logicamente equo è possibile
La giustizia è possibile? Un’ipotesi logica
La simmetria come fondamento del nuovo universo
L’equilibrio delle forze: dalla fisica alla società
Un’etica matematica: algoritmi per la giustizia
L’intelligenza artificiale come strumento di equità
Oltre il dominio umano: la logica della non-supremazia
Il tempo e la possibilità del cambiamento
Le leggi di un universo giusto
L’estinzione dell’iniquità: un’utopia necessaria
L’ultima equazione: il destino dell’universo riequilibrato
La fine dell’iniquità: un universo riscritto
Il principio cosmico dell’iniquità
L’universo non è giusto. Questa non è un’affermazione morale, né un grido di protesta, ma un dato di fatto. Il cosmo stesso, nelle sue leggi fondamentali, è impregnato di asimmetria, disuguaglianza, disparità irriducibili. Non c’è equità nelle forze che hanno dato origine alla materia, né nelle dinamiche che regolano la vita, né nei meccanismi attraverso i quali l’intelligenza si è affermata sulla Terra. L’iniquità non è un’invenzione dell’uomo: è una struttura, una caratteristica profonda della realtà.
Eppure, questa verità non è mai stata accettata con serenità. L’essere umano, nel suo desiderio di ordine e di senso, ha sempre cercato di trovare giustificazioni, di attribuire significati, di costruire narrazioni che potessero lenire l’angoscia dell’ingiustizia universale. Le religioni hanno parlato di peccato originale, di prove divine, di giustizia ultraterrena. Le filosofie hanno teorizzato il destino, il merito, l’equilibrio nascosto dietro il caos apparente. La scienza stessa, pur nel suo rigore, ha spesso cercato simmetrie, ha postulato che le leggi della fisica dovessero avere una forma pura ed equa, solo per scoprire, con sconcerto, che la realtà si regge su squilibri fondamentali, su rotture di simmetria, su una perenne sproporzione tra causa ed effetto.
L’iniquità non è soltanto una condizione della società umana, né una caratteristica biologica dell’evoluzione: è il principio primo che ha plasmato ogni cosa. Se il cosmo fosse stato equo, se le forze si fossero distribuite in modo simmetrico, se materia e antimateria si fossero annullate in perfetto equilibrio, nulla sarebbe esistito. Ma il caso – o forse qualcosa di più profondo – ha spezzato questa simmetria, e da quel primo atto di ingiustizia si è generata la realtà che conosciamo.
Questa riflessione, che potrebbe sembrare astratta o puramente filosofica, ha implicazioni devastanti. Se l’iniquità è connaturata all’universo, se è scritta nelle equazioni fondamentali della fisica, allora ogni tentativo di costruire un mondo giusto è destinato a scontrarsi con una forza più antica e più potente di qualunque legge umana. Ogni lotta per l’uguaglianza, ogni tentativo di bilanciare il potere, ogni sforzo per limitare l’arbitrio del caso si muove controcorrente rispetto alla struttura stessa della realtà.
Ma proprio qui sorge la domanda più radicale: se l’iniquità è stata il motore della storia, questo significa che è inevitabile? O esiste una possibilità, per quanto remota, di superarla?
Se l’universo è stato generato da uno squilibrio, non significa che debba restare per sempre iniquo. La scienza ci insegna che nulla è immutabile, che persino le leggi fondamentali potrebbero essere diverse in altre condizioni, in altre epoche cosmiche, in altri regimi di energia. L’evoluzione dell’intelligenza ha già trasformato le leggi della biologia: l’essere umano non è più soggetto alla selezione naturale nello stesso modo in cui lo erano le specie primitive. La tecnologia ha iniziato a riscrivere le regole della sopravvivenza. E se questa è solo una fase iniziale? Se fosse possibile riscrivere non solo le regole dell’evoluzione, ma le leggi stesse che governano l’universo?
Questa non è una speculazione senza fondamento. La fisica contemporanea esplora modelli in cui lo spaziotempo potrebbe essere manipolato, in cui le costanti fondamentali potrebbero non essere così fisse come sembrano, in cui l’energia del vuoto potrebbe essere utilizzata per alterare la struttura della realtà. L’intelligenza artificiale promette di sovvertire il concetto stesso di arbitrio e decisione, portando a una forma di razionalità che potrebbe non essere più soggetta alle stesse dinamiche di potere e prevaricazione che hanno caratterizzato la storia umana.
Questo libro è un tentativo di seguire questa linea di pensiero fino alle sue estreme conseguenze. Parte dall’origine dell’iniquità, dalla sua radice fisica e cosmologica, e segue il filo che l’ha portata a diventare il principio organizzatore della vita e della società. Esamina come l’intelligenza abbia amplificato l’ingiustizia anziché mitigarla, e come il potere, la morale, la legge e persino la scienza abbiano perpetuato e raffinato le asimmetrie originarie. Ma non si ferma a questa constatazione. Cerca una via d’uscita.
Se la logica ha un senso, se la matematica è davvero il linguaggio con cui possiamo decifrare l’universo, allora deve esistere almeno un sentiero che porti a un mondo in cui l’iniquità non sia più il principio dominante. Forse non lo troveremo, forse è un’utopia, forse è una possibilità così remota da non poter essere realizzata nel tempo di una civiltà o persino di un’intera specie. Ma se esiste anche solo come ipotesi logica, allora il dovere della ragione è cercarla.
L’iniquità ha governato l’universo fino a oggi. Ma nulla di ciò che esiste è necessario. Il cosmo che conosciamo è il risultato di un insieme di condizioni specifiche, di un percorso contingente che avrebbe potuto essere diverso. Questo significa che, almeno in linea di principio, l’iniquità potrebbe avere una fine.
Questa è la tesi più radicale che si possa concepire: non che la giustizia sia una lotta eterna e senza speranza, non che il potere debba essere per sempre nelle mani di pochi, non che l’arbitrio sia la legge suprema dell’esistenza, ma che tutto ciò possa essere superato. Che esista, da qualche parte nelle possibilità del pensiero e della scienza, un’ultima equazione che, se compresa, potrebbe riscrivere il destino dell’universo.
Questo libro è un viaggio attraverso il problema più antico e profondo della realtà: l’iniquità. Ma è anche un tentativo di immaginare, con la massima lucidità possibile, il giorno in cui essa potrebbe non esistere più.